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Notifica degli atti: la “scissione degli effetti” vale anche per le sanzioni amministrative

Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 17/05/2017 n° 12332

In tema di notifica degli atti, con la sentenza n. 477 del 26 novembre 2002 la Corte Costituzionale ha sancito il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario.

Dubbi sono sorti in merito alla applicabilità del detto principio, anche alla notifica di atti con cui si contesta un illecito amministrativo, quando il potere di contestazione è soggetto ad un termine di decadenza.

La Sentenza delle SS. UU. ha risolto tale questione.

  1. A) Le prime applicazioni: le notifiche all’estero

Il principio giuridico della scissione degli effetti tra notificante e notificato è stato oggetto di plurime pronunce che ne hanno progressivamente ampliato la portata.

La genesi può rinvenirsi nel settore delle notifiche all’estero. In tale sede, il combinato disposto (nella formulazione originaria) di cui all’art. 142 c.p.c. ed all’art. 143 comma 3 c.p.c. comportava (in particolare) che la notifica fosse considerata perfezionata in un momento diverso per il notificante (con l’espletamento delle formalità previste a suo carico) e per il destinatario.

Di fatto, anzi, la questione principale era data dalla circostanza che la notifica era considerata integrata per il (solo) destinatario a prescindere dalla materiale consegna del plico presso il suo indirizzo (e, pertanto, a prescindere della concreta conoscenza e/o conoscibilità del procedimento).

Tale meccanismo si poneva in contrasto con il diritto di difesa (non permettendo al destinatario di usufruire “nella sua interezza” del termine concesso in suo favore) e pertanto la Corte statuiva che l’art. 143 c.p.c. (nella originaria formulazione) fosse incostituzionale “nella parte in cui non prevede,per quanto attiene all'operatività della notifica nei confronti del destinatarionon residente, né dimorante, né domiciliato nel territorio della Repubblica, che la sua applicazione sia subordinata all'impossibilità di eseguire la notificazione nei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dal D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, recante nuove disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari (c.d. regolamento consolare).”.

Tale pronuncia, pertanto, stabiliva come si dovesse ricorrere (preferibilmente) a meccanismi di notificazione che permettessero la concreta conoscenza e/o conoscibilità dell’atto spedito al destinatario, limitando pertanto l’applicazione della regola prevista dall’art. 143 c.p.c. al solo caso in cui non fosse possibile il ricorso ai detti metodi (e permettendo, pertanto, che, in tal caso,  la notifica si perfezionasse -per il solo destinatario- nel termine ivi indicato).

Successivamente il Legislatore, per stabilire che il momento di perfezionamento della notifica all’estero si concretizzasse per il notificante aveva previsto:

  1. a) nel caso in cui fosse possibile il ricorso alle Convenzioni internazionali e/o al c.d. Regolamento Consolare: solo nel momento in cui l’atto fosse materialmente recapitato al destinatario;
  2. b) nel caso in cui fosse impossibile il ricorso alle dette Convenzioni internazionali e/o al c.d. Regolamento Consolare: allora era nuovamente prevista l’operatività della fictio iuris ai sensi dell’ 143 terzo comma c.p.c. (e, pertanto, la notifica si considerava perfezionata per il notificante con il compimento delle formalità e per il destinatario “nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte.”).

A fronte della detta evoluzione legislativa, di conseguenza, emergevano (specie nel settore dei procedimento cautelari, notoriamente caratterizzato da termini brevi) concrete difficoltà per provvedere tempestivamente alla notifica degli atti, come anche evidenziato, nel 1994, dalla Corte Costituzionale, che sottolineava la disparità ricorrente tra il caso in cui fosse possibile il ricorso alle Convenzioni internazionali (con conseguente differimento del momento di perfezionamento sino alla ricezione del plico da parte del destinatario) e quello in cui tale possibilità fosse esclusa (in cui il perfezionamento della notifica avveniva in un termine certo).

La Corte Costituzionale, dichiarando l’illegittimità della normativa, provvide a ribadire l’esistenza del principio de quo, richiamando il proprio precedente e precisando “… Poiché già era comune opinione in dottrina e in giurisprudenza che la scadenza del termine di venti giorni portava al perfezionamento della notificazione nei confronti del solo destinatario, la declaratoria di illegittimità costituzionale venne ad influire unicamente su tale profilo. Ed infatti, con delimitazione espressamente posta nel dispositivo della sentenza, l'ambito di efficacia fu identificato appunto con <quanto attiene alla operatività della notifica nei confronti del destinatario>.”.

Tale assetto è stato ulteriormente ribadito e precisato nel 1996, con nuova pronuncia della Corte Costituzionale che ritornava sul punto evidenziando espressamente come “L'innovazione legislativa ritenuta illegittima aveva sostanzialmente rovesciato il principio generale, che governa la materia, della sempre possibile <scissione soggettiva> fra il momento perfezionativo per la parte istante e quello di efficacia per il destinatario della notificazione all'estero, precedentemente sancito dalla Corte (sentenza n. 10 del 1978), secondo cui la necessità della conoscibilità dell'atto da parte del destinatario non pregiudica comunque gli interessi del richiedente, <poichè la notificazione nei suoi confronti si perfeziona e produce i suoi effetti, compresi quelli impeditivi della decadenza, con il compimento delle formalità indicate nell'art. 142>.”

  1. b) Le pronunce successive: la notifica in Italia

Successivamente, nel 2002, la Corte Costituzionale era nuovamente sollecitata in relazione alla notifica (in Italia) a mezzo del servizio postale. La nota pronuncia ribadiva il principio in questione e richiamava i precedenti sopra esposti, evidenziando in particolare che “Principio questo che, per la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere - come nel caso di specie - dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale) e che, perciò, resta del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo.”.

Con la detta pronuncia, pertanto, il principio della scissione degli effetti della notificazione tracimava dal campo delle notifiche all’estero per estendersi ad ogni tipo di notificazione.

Nel 2004, infatti, con ulteriore pronuncia la Corte Costituzionale confermava il detto orientamento, esponendo che “Per effetto delle ricordate sentenze - ed in particolare della n. 477 del 2002 -risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale- relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione è destinata a svolgere per il notificante -il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; pur restando fermo che la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati è condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a favore o a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze dalla notificazione decorrenti, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti.”.

Pertanto, con le dette sentenze, il principio della scissione degli effetti della notificazione era confermato sia nei confronti delle notifiche a mezzo del servizio postale (Corte Cost. 477/2002) sia nei confronti delle notifiche a mani (Corte Cost. 28/2004), sebbene (solo) “relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione è destinata a svolgere per il notificante”.

Peraltro, anche il Legislatore recepiva il detto insegnamento ed interveniva modificando l’art. 149 c.p.c. inserendo al terzo comma la previsione “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto.”.

  1. c) Le successive pronunce della Cassazione

Il detto principio era accolto dalla giurisprudenza successiva e costantemente applicato ad ogni tipologia di notifica di atto processuale (sebbene con alcune limitazioni nel campo delle notifiche a mezzo pec).

La principale evoluzione successiva, oggetto di ampio dibattito nelle sentenze della Corte di Cassazione, interveniva invece in relazione agli effetti sostanziali degli atti processuali (ed in particolare all’effetto interruttivo della prescrizione) ed alla possibilità di estendere la scissione degli effetti (tra notificante e destinatario) anche ad atti diversi da quelli strettamente processuali.

La posizione (maggioritaria) della Cassazione era nel senso che il principio fosse applicabile unicamente agli atti “processuali”, con esclusione degli atti “sostanziali” (tra cui, ad esempio, l’esercizio del diritto di riscatto da parte del conduttore e l’esercizio dell’accettazione della proposta di alienazione del fondo rustico).

Parimenti, con analogo orientamento maggioritario, si escludeva altresì che il detto principio potesse influire sugli effetti sostanziali di un atto processuale (ed in particolare alla interruzione della prescrizione e/o della decadenza, che si considerava integrata solo con l’avvenuta consegna al destinatario dell’atto interruttivo).

Tali tesi erano sostenute ricorrendo ad una duplice argomentazione:

  1. a) la Corte Costituzionale, nelle proprie pronunce, avrebbe delineato il detto principio in relazione ai soli atti processuali fondando la propria decisione sulla necessità di tutelare del diritto di difesa del notificante ex art. 24 Cost. -pertanto, non potendo richiamare il detto principio costituzionale, analoga tutela non potrebbe estendersi al di fuori del processo;
  2. b) rispetto agli atti sostanziali (in particolare agli atti negoziali) osterebbe ad una eventuale estensione l’ 1334 c.c., che stabilisce espressamente come “Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.” - pertanto gli effetti sostanziali per il notificante non potrebbero che prodursi nel momento in cui il destinatario ne abbia conoscenza o, quantomeno, ex art. 1335 c.c., conoscibilità.

In relazione agli effetti sostanziali degli atti processuali, la posizione minoritaria (esposta, ad esempio, in tema di assicurazioni e in tema di impugnazione del licenziamento) obiettava, principalmente, come l’estensione del detto principio (ritenuta non esclusa a priori dalla lettura delle pronunce delle Corte Costituzionale) non generasse problematiche particolari in capo al destinatario, costituendo un ragionevole bilanciamento degli interessi coinvolti (sia quello del notificante a non subire le conseguenze negative di accadimenti sottratti al proprio potere d'impulso sia quello del destinatario alla certezza delle situazioni giuridiche).

Sulla questione degli effetti sostanziali degli atti processuali interveniva nel 2015 una nota pronuncia delle Sezioni Unite che, effettuato un ampio excursus sulle varie tesi, rileggeva le pronunce della Corte Costituzionale (in particolare Corte Cost. 477/2002) individuando come criterio cardine della materia non tanto il diritto di difesa quanto il principio di ragionevolezza, dettagliatamente analizzato e qualificato come bilanciamento di beni giuridici in conflitto.

L’attuale decisione

L’attuale pronuncia della Suprema Corte aggiunge un ulteriore tassello al principio de quo, estendendone l’applicazione anche ad atti diversi da quelli strettamente processuali – in particolare agli atti di un procedimento amministrativo sanzionatorio.

La portata innovativa della sentenza è notevole, posto che la stessa supera sia un precedente difforme (specifico sulla materia) sia le limitazioni esposte nella precedente pronuncia a Sezioni Unite (Cass. 24822/2015), con cui si era esplicitamente esclusa l’applicazione del principio al di fuori degli atti processuali.

In particolare, la Suprema Corte rileva come la scissione degli effetti sia applicabile non solo alla species delle notificazioni, ma all’intero genus delle “partecipazioni comunicative”, da intendersi come comunicazioni che prevedano la necessaria cooperazione di soggetti terzi, risultando quindi non sincronica l’attività del notificante e la conoscenza (anche solo legale) del destinatario.

In tali casi la scelta (imposta o libera) del mezzo (notificazione o altro) non risulterebbe dirimente e, pertanto, in ogni caso di “partecipazione comunicativa” occorrerebbe effettuare un “ragionevole bilanciamento della tutela degli interessi coinvolti” (e non solo nel caso di atti processuali, come invece aveva prescritto la precedente Cass. 24822/2015).

Alla luce del detto assunto, la Suprema Corte:

  1. a) individua gli interessi contrapposti - da un lato quello della Pubblica Amministrazione (interesse pubblicistico al perseguimento delle condotte illecite) e da altro lato quello del destinatario (diritto costituzionale di poter effettuare una compiuta difesa rispetto alle incolpazioni ricevute);
  2. b) effettua il bilanciamento, qualificandoli di pari rango (“non consente di dare prevalenza all’uno piuttosto che all’altro aspetto”);
  3. c) risolve il contrasto optando, come soluzione “proporzionale”, per l’applicazione alla presente fattispecie del principio della scissione degli effetti per il notificante (o meglio: per la PA che effettua la contestazione) e per il destinatario.

Peraltro, la Suprema Corte aggiunge (quasi per inciso) come il procedimento sanzionatorio de quo (D.Lgs. 58/1998) sia retto dai principi del sistema sanzionatorio amministrativo (e pertanto dalla L. 21.11.1981 n. 689) e, di conseguenza, allo stesso sia applicabile anche il riferimento previsto ex art. 14 L. 689/1981 che rinvia alle modalità previste dal codice di procedura civile per l’effettuazione delle notifiche (tra cui la notifica a mezzo del servizio postale, con conseguente richiamo alle pronunce di incostituzionalità esposte).

Ed ulteriormente, la pronuncia (in altro inciso) evidenzia come la natura (recettizia o meno) dell’atto non abbia rilevanza, operando una distinzione tra l’effetto finale (che si raggiunge sempre e solo con la conoscenza o conoscibilità dell’atto per il destinatario) ed il mero interesse del notificante a non incorrere in decadenze (la spedizione dell’atto, in tal senso, attesterebbe la “permanenza dell’interesse alla realizzazione dell’effetto che con essa si vuole perseguire”).

Di conseguenza, la Suprema Corte emette il seguente principio: “il principio della scissione degli effetti tra "notificante" e "notificato" va applicato anche nel caso di atti di un procedimento amministrativo sanzionatorio, non ostando la recettizietà dei medesimi, le volte in cui dalla conoscenza dell'atto decorrano i termini per l'esercizio del diritto di difesa dell'incolpato e, ad un tempo, si verifichi la decadenza dalla facoltà di proseguire nel procedimento sanzionatorio in caso di mancata comunicazione delle condotte censurate entro un certo termine.”.

La detta pronuncia, in conclusione, costituisce un ulteriore espansione del principio di scissione degli effetti della notificazione, originariamente individuato nel campo delle sole notifiche all’estero e progressivamente esteso dalla Corte Costituzionale a tutte le ipotesi di notificazione processuale.

L’orientamento attuale della Corte di Cassazione sembra estenderne la portata sia agli effetti sostanziali della notifica di un atto processuale, sia a fattispecie di comunicazione diverse dalle notifiche (i c.d. atti partecipativi), ogni qual volta si rinvenga un conflitto tra interessi divergenti e sia necessario ricorrere al principio del bilanciamento.


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